Joseph parker positivo al doping: il manager parla di contaminazione accidentale
La carriera del pugile neozelandese Joseph Parker è attualmente sospesa a un filo. Un test antidoping positivo alla cocaina, effettuato il giorno del suo incontro con Fabio Wardley lo scorso 25 ottobre, rischia di costargli una squalifica di due anni e di compromettere irrimediabilmente il suo futuro nella boxe. La situazione si presenta complessa, con l’atleta e il suo team che rigettano ogni accusa di condotta volontaria, avanzando invece l’ipotesi di una contaminazione accidentale.
il caso parker: doping o contaminazione?
Il risultato positivo al test della VADA (Voluntary Anti-Doping Association) ha colto di sorpresa l’ambiente pugilistico. L’esito dell’analisi, reso noto dopo la sconfitta contro Wardley, ha trasformato una serata sportiva in una crisi legale e di immagine di proporzioni considerevoli. Parker, ex campione del mondo WBO dei pesi massimi, si trova ora a dover difendere la propria reputazione e a lottare per preservare la propria carriera.
la difesa del manager: una contaminazione involontaria
Spencer Brown, manager di Parker, ha fornito una versione dei fatti netta e inequivocabile. In un’intervista a iFL TV, Brown ha escluso categoricamente che il pugile abbia assunto intenzionalmente la sostanza proibita, definendo l’episodio come un caso chiaro di contaminazione. La difesa si basa sull’assurdità logica di un gesto simile a ridosso di un incontro importante, sostenendo che sarebbero necessarie condizioni mentali non lucide per compiere un’azione così autolesionista durante la preparazione a un match.
- Joseph Parker
- Spencer Brown
- Fabio Wardley
le parole di parker: shock e processo in corso
Lo stesso pugile ha espresso il proprio sconcerto in dichiarazioni rilasciate a BoxingScene. Parker ha sottolineato di non aver mai fallito un test antidoping in precedenza, definendo l’accaduto una completa sorpresa. Ha descritto uno stato d’animo di paranoia e dubbi retrospettivi, arrivando a mettere in discussione ogni gesto quotidiano, dall’aver bevuto una tazza di tè all’aver assunto integratori. La sua posizione è di totale collaborazione con le autorità sportive per chiarire la propria posizione e tornare a combattere al più presto.
le conseguenze immediate e future
Le ripercussioni dell’episodio sono immediate e gravi. A soli 33 anni, Parker vede svanire opportunità di alto profilo che erano sul punto di concretizzarsi. In particolare, è saltata la possibilità di un incontro per il titolo mondiale contro Oleksandr Usyk, un’occasione che avrebbe potuto riportarlo al vertice della categoria dei pesi massimi. Il pugile si trova ora in una posizione di stallo regolamentare, lontano dal ring e dai riflettori.
uno scenario ad alto rischio
La posta in gioco è estremamente elevata. Se l’ipotesi della contaminazione non verrà accettata dalle commissioni inquirenti, le conseguenze per Parker andranno ben oltre la squalifica. L’atleta rischierebbe di perdere posizione nelle classifiche, credibilità, ingaggi futuri e rilevanza sportiva. Il mondo della boxe professionistica, specialmente nella divisione dei massimi, è notoriamente spietato e non attende nessuno. L’attuale situazione rappresenta quindi un bivio tra la riabilitazione completa e un danno irreparabile alla carriera.
Mentre il processo disciplinare segue il suo corso, la comunità pugilistica attende con interesse gli sviluppi di un caso che mette in luce le complessità e le fragilità del sistema antidoping nello sport professionistico.

